E’ un disco della maturità, del lavoro di squadra, della condivisione totale, della rinuncia al protagonismo smodato che caratterizza ogni campo del vivere quotidiano. In un mondo dove si parla di continuo di team work e di condivisione, questi tre menestrelli romani hanno accantonato l’egoismo e il primattorismo di esibirsi in solitaria per mettere a sistema le loro abilità di compositori, di esecutori, di poeti.
Ciascuno, con la propria sensibilità, ha messo il proprio 33% al servizio del progetto comune, ha accantonato l’egoismo di occupare il palco da solo, accontentandosi di una porzione di ciascuna canzone, ha rinunciato ad arrangiare il brano “alla sua maniera”, secondo la propria anima musicale, e si è piegato al volere di una maggioranza resa perfetta dal numero dispari.
Ed è una lezione non solo musicale, ma di vita.Una lezione che ovviamente parte dalla musica, ma poi dà una carezza alla letteratura (“so immaginare una storia intera senza una sola parola vera“), si fidanza con la poesia (“L’amore non esiste, ma esistiamo io e te e la nostra ribellione alla statistica, un abbraccio per proteggerci dal vento“), per annegare dentro il rock (“Vi presento il mio avversario, mi assomiglia più di un po’, ha il mio identico frasario, ma lo spiazzerò”), per finire addirittura (è la sorpresa finale) dentro al cinema. Il rock si trova certamente dentro molti arrangiamenti, dentro le parole, perfino dentro l’interpretazione che contraddistingue in maniera singolare ciascuno dei tre componenti di questa band che ogni tanto gioca a ritrovar se stesso.
La verità è che “Il padrone della festa” non è solo “il sasso su cui poggia il nostro culo“, ma è un cane a tre teste che ricorda il Cerbero dantesco, con un corpo solo (il progetto nella sua interezza) che forma un essere tutt’altro che mostruoso, bensì portatore sano di messaggi che cambiano a seconda dell’esecutore, pur lasciando intatta l’atmosfera di fondo.
Fabi, Silvestri e Gazzè diventano nell’album al tempo stesso protagonisti e comprimari, entrando ed uscendo di scena, lasciandola all’amico che canta oppure a quello che fa un assolo, me rimanendo parte viva ed essenziale di un progetto raro nel panorama italiano, eppure di grande spessore musicale, artistico, culturale.
Una lezione che dovrebbero imparare in tanti, non solo appartenenti al mondo della musica, ma anche della politica, dell’economia, della società e di tutti quelli che si apprestano a rivestire il compito di decision making per il futuro di noi tutti. “Voglio che le cariche importanti dove si decide per il mondo.vengano assegnate solo a donne madri di figli. Sarei così curioso di vedere se all’interno delle loro decisioni riuscirebbero a scordarsi il loro futuro”.
Un disco che “bisogna” avere nella propria raccolta personale, perchè aiuta a stare meglio. Di testa, di cuore, di sentimenti, di istinti e di ragione.
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