A volte i ricordi prendono la forma di rumori quotidiani e rientrano nel cervello come petali di rosa che ricompongono il fiore, bello e profumato come prima. Sono frammenti delle nostre giornate che portano a rivivere vecchie sensazioni, ed in questo hanno il potere catartico e rievocativo della musica: entrambi sono suoni, solo che questi ultimi sono fatti da una nota sola, secca, e penetrano il cervello aprendo voragini mai chiuse. È il dono perfetto del ricordo involontario. Anche se non stavamo pensando alla rievocazione, quel ricordo si fa strada da sé ed entra prepotentemente dalla porta principale e non possiamo fare altro che accoglierlo con tutta la dolcezza di cui siamo capaci, perché un ricordo è come un ospite che aspettavamo da tempo, solo che arriva senza farsi annunciare, prepotente come solo certe immagini della memoria sanno essere.
Un rumore della porta mi riporta
al tempo di quando salivi piano per le scale
quando non stavi ancora così male
come se, ritornata dentro quella pace,
non ci fosse bisogno di riaccendere la luce
come se fosse possibile, nel buio,
risentire la tua voce dentro il corridoio
come se le chiavi tirate fuori dalla borsa
dovessero tagliare fuori il mondo e la sua farsa
come se, una volta ritornata a casa,
più nulla potesse renderti indifesa,
come se, rientrata dopo un lungo viaggio,
trovassi il modo di riavere il tuo coraggio.
Un rumore della porta mi riporta,
ma è un ricordo che si affaccia all’improvviso
come se avessi visto l’ombra del tuo viso
ma quando mi affaccio dentro l’ingresso
trovo il solito silenzio, un quadro
e il tuo riflesso.
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