Sono dovunque solo che noi non li vediamo. Al massimo li percepiamo. Alle nostre spalle passa qualcosa, un’ombra o una presenza fugace, alla quale non diamo quasi valore, come se non esistesse, o, se esiste, non incide sul corso degli eventi.
Sbagliato. Incide eccome. Quella presenza impalpabile non incide con il fragore, con il mettersi al centro, con la voce alta, ma incide perché il suo sguardo è più profondo, la sua attenzione è più alta, la sua capacità di valutazione più sviluppata.
Accade dappertutto, ma nelle feste popolari questo si nota di più. È nella moltitudine che quelli che non si vedono si percepiscono di più. Sembra un controsenso, lo so. Eppure il “quasi invisibile” non sarebbe tale dove non c’è nessuno, la sua non presenza si nota di più nella folla. Si percepisce, ecco.
Così Andrea. Viene da Taranto, ed è uno dei tanti pugliesi che amano la Basilicata: più volte all’anno, particolarmente quando ci sono ragioni valide per affrontare il viaggio, lui è presente in quella che io chiamo: la “Lucania ancestrale”. Anche lui probabilmente la vive così, anche se forse la chiama diversamente, chissà.
Conobbi Andrea per un’altra di quelle passioni che ci accomuna: una è la Basilicata, l’altra è la pallacanestro. È allenatore anche lui, e quando fai lo stesso mestiere, prima o poi su qualche campo ti ci incontri. Quando accadde si trattava di un incontro fugace, non eravamo neppure avversari, c’era una specie di quelle riunioni di aggiornamento o cose del genere. Roba per addetti ai lavori che qui poco interessa. Interessa invece il fatto che Andrea me lo sono ritrovato, anno dopo anno, ai vari eventi organizzati in questo o in quel comune dell’entroterra lucano, munito di un cannone che spara scatti di una bellezza e una precisione da far invidia a un cacciatore.
Una presenza silenziosa, appunto. Ricordo l’anno scorso a Pietrapertosa, forse non lo vedevo da qualche anno, mi pare di intravedere una sagoma familiare che non ha nulla di meridionale, ha molto invece di nordico: alto e biondo, con la macchina fotografica e (forse) famiglia al seguito. Dico forse perché, ricordi?, Andrea è uno che non si vede. A meno che non ci fai proprio caso.
Così quest’anno ad Albano di Lucania, mentre raccontiamo la “Vita magica di Albano”, me lo vedo scivolare dietro la diga fatta di persone che seguono lo spettacolo. Alto, biondo , macchina fotografica, nel cuore dello spettacolo collego le sinapsi: è lui,anche quest’anno. Invisibile, o quasi. Se chiedete alle persone se qualcuno si è accorto di un fotografo alto e biondo che si muoveva silenziosamente tra la folla di Albano, ci puoi scommettere che non l’ha notato nessuno.
I suoi scatti sì, invece. Precisi, attenti, millimetrici. Quando usciranno quelle fotografie stai pur certo che qualcuno si chiederà: “E questa chi l’ha fatta?”.
Non ha importanza chi l’abbia fatta. Certe persone hanno il dono dell’invisibilità ma sono presenti e vigili molto più di tanti altri che fanno solo ammuina. E alla prossima festa popolare lucana ci puoi scommettere che ci sarà ancora. Facci caso. Anzi no. Meglio che certe persone conservino questo mistero della invisibilità. Funziona di più.
P.S. vuoi sentire come Andrea parla della Basilicata? Ecco qua
Negli ultimi due anni ho visitato e scoperto una parte di questa regione, spesso fuori dai circuiti più commerciali, che mi ha colpito e affascinato. Teana, Satriano, Muro Lucano, Campomaggiore, Tricarico, Craco, Aliano, Tursi, Pietrapertosa, Savoia e potrei continuare ancora. Dentro c’è di tutto. Terranova mi ha folgorato il cuore: il suo essere selvaggia e maestosamente difficile, l’ostinazione dei suoi abitanti a rimanere attaccati alla loro storia e ai loro costumi, pur avendo una incredibile percentuale di emigrazione tra la sua gente. Il disincanto con cui vivono il rapporto con l’altro. Ne sono stato investito come da un treno in corsa. […] La differenza tra qualcosa che insegui con sudore e fatica o il pacchetto preconfezionato. Una grossa parte di questa regione è la testimonianza del continuo conflitto con la natura, nel tentativo non di assoggettarla (sarebbe vano), ma di provare a viverci e ad addomesticarla. Le strade ne sono un esempio: erose e divorate costantemente, eppure svolgono il loro importante servizio. Non è solo Matera…è altro, tanto altro.
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