Non si può fare a meno di fare qualcosa che senti, che quasi esplode dentro e devi lasciar venir fuori, e così lo lasci venir fuori. Le cose migliori sono quelle che escono di getto, senza stare lì a pensarci troppo. Devi solo seguire un flusso, pensa lui al resto. Pochi amici ti accompagnano lungo quel viaggio e sono amici veri.
A volte si ha a che fare quella cosa lì. Si tratta sovente di assecondare un’energia, appena dirigerla un po’, ma solo nella parte iniziale, poi in genere fa quasi tutto da sé.
È come quando guidi un aquilone: puoi provare a fargli cambiare direzione, ma alla fine quello sa dove vuole andare, e tu lo devi solo seguire. Il gioco è quello, e ti sta bene perché lui poi capisce a che velocità, a che altezza, quando planare, quando sollevarsi.
È lo stesso quando hai a che fare con una storia. All’inizio sciogli la matassa, metti l’aquilone in scia, la direzione – ma nemmeno così precisa – poi devi limitarti a seguirlo. Quando è così viene bene, lo senti, va sciolto, scorre senza intoppi, senza scossoni, va un po’ su e un po’ giù, ma in genere fluisce.
Quando finisci sei esausto, come se quel viaggio nei cieli l’avessi fatto tu, come se avessi volato senza aprire le ali, ti sei limitato ad assecondare le correnti, ma è come se fossi stato lassù a guardare il mondo dall’alto e osservarlo da un’angolazione che non avevi visto mai: da lì è tutto dannatamente diverso, a volte più bello, a volte no, ma comunque diverso da quello che vedi di solito.
Scrivere è un po’ come sognare, solo in un modo meno confuso, ma ugualmente folle, persino inspiegabile. Non so se mi stai seguendo.
E lo stesso vale anche per chi legge. Uno che legge decide di seguire un cammino a volte strano, inizialmente confuso perché non lo sai dove ti sta portando, ma decide di lasciarsi andare.
Quando accade che sei tu a seguire l’aquilone, c’è una cosa che devi fare più di qualunque altra: devi fidarti. Adesso devi seguire una traiettoria sconosciuta: è un gioco delle parti che conosci bene, dalla notte dei tempi.
E lo capisci abbastanza presto se ti puoi fidare o no, lo intuisci fin dai primi passi del nuovo cammino, ti bastano poche pagine per capire se quella strada ti sta bene oppure no. Ci sono cose che il cervello non capisce subito ma l’anima sì e a quella non conviene opporsi.
È una sensazione che conosci già, è lo stordimento della sorpresa, devi pagare un piccolo prezzo prima di farla tua, e lasciare che quel flusso ti porti dove lui sa, dove tu ancora no, ma senti, capisci? Senti che ti può far bene.
Forse alla fine sarai un po’ esausto anche tu. Ritornerete assieme.
E alla fine ti ricorderai di quella mano che ti ha portato, ti ricorderai di quel viaggio, di quei profumi, di quelle immagini che ti sarai costruito e che sono soltanto le tue, diverse da quelle di qualsiasi altro, anche se hanno letto esattamente le stesse parole.
Quando è finito, fermati qualche minuto e ripassale tutte, una per una. Se ti sembrerà che abbiano qualcosa a che fare con un certo tipo di bellezza che nemmeno sai spiegare, allora sorriderai.
Adesso che sai come funziona, dai tu il via. Io la conosco quella strada, l’ho fatta prima. Fidati.
Sono pronto, dammi la mano.
18 thoughts on “Dello scrivere”
I commenti sono chiusi.