Quando si verificano catastrofi, l’umanità mette in campo le proprie migliori qualità, che si esprimono sotto forma di coraggio, e perfino di eroismo, nell’intento di salvare delle vite.
Questa caratteristica appartiene ineluttabilmente alla razza umana. C’è un certo genio, un’abnegazione e una generosità che emergono nelle situazioni più drammatiche e che fanno dell’uomo la più efficiente macchina di soccorso. E in queste situazioni limite, che mettono a rischio vite umane, le storie più belle da raccontare sono proprio quelle di questi eroi silenziosi. In ogni vicenda sono queste persone ad evitare che la tragedia assuma proporzioni ancora più drammatiche.
A Gerusalemme nel 1953 è stato istituito un istituto di ricerche che ha tutte le caratteristiche di un museo, ma è in realtà un centro studi, chiamato Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah. Ha il compito di documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante l’Olocausto, preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime per mezzo dei suoi archivi, della biblioteca, del centro studi ad esso collegato. Lo Yad Vashem è stato aperto al pubblico nel 2005.
All’interno dello Yad Vashem esiste una Commissione che ha ricevuto l’incarico di conferire il titolo onorifico di “Giusto tra le nazioni”, una delle più alte onorificenze che si possano conferire a membri della razza umana.
Il concetto di “Giusto” è nato proprio con il memoriale di Yad Vashem e attribuisce onorificenza a quelle figure che diventano «patrimonio di tutta l’umanità» o meglio, come recita un passo del Talmud (ingiustamente attribuito a Oskar Schindler, uno che di vite ne ha salvate migliaia): “chi salva una vita salva il mondo intero”.
In genere queste persone non hanno nulla di eroico, anzi fino al giorno prima di assumere determinate decisioni erano magari persone del tutto normali che forse avrebbero fatto solo il minimo necessario per gli altri. Poi scatta in loro qualcosa di miracolosamente umano, ed ecco che, come d’incanto, trovano un coraggio e una forza di cui probabilmente essi stessi non si erano mai resi conto.
Come diceva Socrate, «in mancanza delle parole, faccio vedere cosa sia la giustizia con le mie azioni».
Ed ecco nascere una specie di magìa che li porta ad assumere decisioni rischiosissime ed in grado di salvare il mondo, o una parte di esso. Per svolgere il proprio compito nel più rigoroso dei modi, la Commissione segue criteri oggettivi, ricercando documentazioni e testimonianze che possano avvalorare il coraggio ed il rischio affrontato da una serie di persone che hanno avuto l’enorme merito di salvare ebrei dalla Shoah. A tutt’oggi, sono stati riconosciuti oltre 24.000 Giusti tra le nazioni, di cui circa cinquecento italiani, a dimostrazione di quanto fosse ramificata e possente la macchina del soccorso umanitario.
Proprio tra i “Giusti” italiani c’è un insospettabile, ovvero un personaggio conosciuto per avere molti altri meriti, specialmente in campo sportivo, ma non quello per il quale ha ottenuto, dopo la sua morte, una menzione meritatissima nello Yad Vashem. Sto parlando di Gino Bartali. Sì, proprio lui, il famoso ciclista acerrimo rivale di Fausto Coppi, quello che Paolo Conte, in una famosa canzone, definì nel seguente modo:
“Quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali, quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita”.
Durante l’occupazione nazista in Italia Ginettaccio (come veniva affettuosamente soprannominato) fece parte di un’organizzazione ebraico-cristiana che riuscì a portare in salvo centinaia di ebrei dalla deportazione (e da tutto ciò che probabilmente ne sarebbe conseguito). Il ciclista toscano, per mezzo della sua inseparabile Legnano, salvò ottocento persone, assumendosi il compito di nascondere documenti falsi e trasportarli da una città e l’altra mentre si allenava. In sostanza Bartali trasportava documenti falsi, inserendoli nel tubo della sua bicicletta, da Assisi, dove c’era una stamperia clandestina, al vescovo di Firenze che poi li distribuiva agli ebrei per farli espatriare.
Lo Yad Vashem, per questa particolarissima azione di “corriere”, gli ha riconosciuto il titolo prestigiosissimo di “Giusto tra le Nazioni” e, conoscendo lo spirito del ciclista toscano, c’è da giurare che questo riconoscimento lo avrebbe posto in cima al suo lunghissimo palmarès di trofei vinti come grande uomo di sport.
18 thoughts on “Anche Gino Bartali tra i “Giusti””
I commenti sono chiusi.