Passare davanti ad una libreria che ha significato tanto per una città, e trovare le serrande abbassate, mette una tristezza indicibile, ed è in momenti come questi che riaffiorano, come tronchi scampati alla corrente, dei riferimenti alle canzoni che conosco e che amo. Per questa storia, la canzone che mi viene in mente è questa.
Sarà che tutta la vita è una strada con molti tornanti, e che i cani ci girano intorno con le bocche fumanti, che se provano noia o tristezza, o dolore o amore, non so.
Ce ne sono molti di tornanti in questo periodo dannatamente difficile della nostra storia. I tornanti sono le immani difficoltà della piccola impresa ad affrontare le durezze del momento. Sono le crisi, le recessioni, le stagnazioni, chiamiamole come ci pare, ma c’è qualcosa di sbagliato in tutto quello che sta succedendo in quest’Italia “malata e colpita al cuore”. E a scuotere le spalle, e dire soltanto un laconico “peccato” davanti a notizie di questo tipo, a notizie che privano la città di un punto di riferimento culturale, civile, di un punto di ritrovo per amanti del bello, di un punto vendita che va molto oltre l’aspetto commerciale, beh, non me la sento. Una libreria è qualcosa di più di un negozio. Una libreria l’anima ce l’ha dentro le sue vetrine, dentro i suoi scaffali, nelle offerte sopra il bancone. All’apertura di quella porta si apre anche un mondo di magìa, di emozioni, di strade nascoste che noi vogliamo percorrere con i nostri autori preferiti, quelli che, più di altri, sono riusciti ad entrare in rapporto con la parte di noi che nessuno sa, e anche se non li conosciamo, quegli autori ci aiutano a riaprire quella porta segreta. Quel mondo si apriva ogni volta che aprivamo quella porta e quel proprietario, cortese e affabile, conosciuto da tutti non per il suo cognome – come di solito capita – ma con il suo nome di battesimo, ci accoglieva e ci sorrideva. Perché lui lo sa cosa succede quando entra qualcuno in una libreria. Lo sa che all’apertura di quella porta corrisponde l’apertura anche di mondi interiori. Ma da qualche giorno, quella libreria non c’è più.
Sarà che un giorno si presenta l’inverno e ti piega i ginocchi, e tu ti affacci da dietro quei vetri che sono i tuoi occhi, e non vedi più niente, e più niente ti vede e più niente ti tocca.
Così si deve essere sentito quel gestore. Deve aver capito che non resisteva più ai morsi dell’inverno. Per anni ha regalato piccoli sogni sotto forma di infiniti foglietti di carta cuciti da aghi speciali e rilegati alla perfezione in un involucro unico che chiamiamo libri. Sì, lo so ci sono in città tante altre librerie, ma se ne chiude una, beh, non c’è da far festa.Quando i suoi occhi si affacciavano al di fuori delle sue vetrine ci trovavano sempre quelle due costruzioni che sono l’una l’esatto contrario dell’altra. Da una parte lo stadio – il tempio del divertimento -, e dall’altra il tribunale – il luogo della pena -. Che metafora assurda quei due palazzi proprio di fronte alla sua libreria. E che dolore aver deciso per anni di regalare gioie e divertimenti, e poi, non aver visto più niente, non essere toccato più da niente.
Sarà che io col mio ago ci attacco la sera alla notte, e nella vita ne ho viste e ne ho prese e ne ho date di botte, che nemmeno mi fanno più male e nemmeno mi bruciano più.
Io non lo so se quella sera che hai abbassato la saracinesca per l’ultima volta l’hai attaccata anche tu con il tuo ago speciale la sera alla notte, e come ti sei sentito la mattina dopo, quando non sei più andato a riaprirla, quella saracinesca, e come sei riuscito ad attaccare le sere successive alle notti fredde di questo gennaio spietato. Ma per tutto il tempo che ci sei stato hai regalato alla città quella gentilezza, quelle buone maniere e delle emozioni sotto forma di pacchettini colorati che lasciavano le tue mani per passare ad altre mani, ad altri occhi, affinchè le storie potessero rinnovare emozioni. E dicendo questo, voglio dirti solo una cosa, e anche se non servirà a niente, te la voglio dire lo stesso: grazie. Te lo voglio dire come si fa – se me lo permetti – con un amico. Grazie per la cortesia, per la disponibilità, per aver permesso a tanti di noi di entrare da quella porta ed avere la possibilità di aprire altre porte senza alcuna maniglia, ma non per questo facili da oltrepassare. Quelle serrande chiuse ci fanno più male anche per questo.
La canzone che ho indegnamente usato per raccontare questa storia è Mimì sarà di Francesco De Gregori.
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