Alle porte della città c’è un piccolo lago, e intorno una specie di pista dove alcuni vanno a correre, i più pigri a camminare.
E poi cani randagi, pacifici e solitari, molti di colore bianco come il latte. Non fanno branco, stanno lì e basta. Una volta una ragazza fermò la macchina, aprì il portabagagli e gli portò del cibo. Fu una scena bellissima, sembrava Biancaneve e i cani intorno i sette nani. Solo che erano qualcuno in più di sette. Una scena di un’umanità che abbiamo perso, e che sarebbe bello rivedere, ogni tanto.
Siamo come balle di fieno in una campagna
Dove il sole non scalda mai abbastanza
Qualcuno passa e ci porta da mangiare
il resto del tempo lo passiamo ad osservare
quelli che arrivano e poi scompaiono
e noi a entrare e uscire da un recinto
abbandonati come carte sull’asfalto
aspettare che dalla collina esca la luna.
Ogni inverno che arriva ci fa un po’ più paura
più della notte, più della natura.
Siamo figli di una qualunque primavera
figli di madri scappate dentro una corriera
figli di chi si avvicina e ci regala una carezza
figli di chi ci guarda per un secondo:
seguiremmo quello sguardo in capo al mondo
e invece ci lasciano un po’ prima della sera.
Un vecchio cartone fa da casa e anche da tetto
qualcuno si nasconde alle spalle di un muretto.
Siamo figli di una qualunque primavera
anche adesso che questo sole ci riscalda
tra una strada in cerchio e un lago pigro
siamo figli di una qualunque primavera
figli di madri scappate dentro una corriera.
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